Nessun uomo è un’isola
“Nessun uomo è un’isola” decantava, nel 1600, il poeta inglese John Donne, celebrando l’importanza di fare parte di un disegno universale. Parole destinate a consegnare insegnamenti imperituri, che infatti continuano a far riflettere. Cerchiamo di essere chiari: stare bene con se stessi e raggiungere un proprio equilibrio personale sono risultati importanti, che meritano di essere riconosciuti e valorizzati. Ma a ben guardare, nessuno di noi può dare il meglio di sé, se rimane isolato. Anche – e soprattutto – al lavoro dove la capacità di coordinarsi con gli altri è sempre più apprezzata. Perché? Perché fare squadra coi colleghi e i superiori garantisce risultati migliori, che aiutano ad essere donne e uomini più felici, anche fuori dall’ufficio.
Come una squadra di calcio
La metafora della squadra di calcio – ormai abusatissima – rende bene l’idea di come possa essere considerata un’azienda. Dobbiamo pensare ad essa come ad un collettivo di persone che si mettono in gioco (ognuno sfruttando il proprio talento e le proprie attitudini) per raggiungere un risultato comune. Ogni membro del team deve impegnarsi e dare il meglio di sé, ma non deve cedere alla tentazione di arrivare da solo in porta. Anzi: il gol più bello sarà quello messo in rete a conclusione di un’azione ben architettata, che si è avvalsa del contributo di tutti. Lo schema può essere agevolmente trasferito nel posto di lavoro dove l’approccio collaborativo risulta quanto mai importante e prezioso. Lavora meglio chi – disponendo di un’intelligenza sociale che gli permette di cementare e gestire bene le relazioni interpersonali – sa coordinarsi con gli altri. E mira a centrare un obiettivo comune. Si tratta di una competenza di cui i selezionatori vanno sempre più alla ricerca, di pari passo con la necessità di vincere sfide che si fanno ogni giorno più complesse. In pratica, nessuno (per quanto dotato e brillante) può fare bene da solo e i dirigenti d’azienda – che puntano a crescere – lo sanno bene.
Dietro i successi di ogni grande azienda, c’è il lavoro di un team coeso e motivato che ha scoperto il piacere di fare gol tutti insieme
L’importanza del team leader
Ma cosa vuol dire esattamente fare “team working” o lavoro di squadra? Vuol dire (come già detto) considerarsi parte di un progetto più ampio che, per raggiungere risultati importanti, ha bisogno del contributo di tutti. Nessuno può limitarsi a svolgere bene la propria mansione, ma deve pensare più in grande facendo perno sulla propria professionalità, sulla passione, sulla lealtà e sulla fiducia negli altri. Dietro i risultati di ogni grande azienda c’è quasi sempre un management “illuminato”, che ha saputo puntare sulla squadra giusta. E sul giusto coach. Esattamente come in una squadra di calcio, infatti, anche al lavoro deve esserci un leader (o un mentore) capace di indicare la strada da seguire. I compiti del team leader sono molti e delicati: deve, innanzitutto, gestire le risorse e accertarsi che tutte vengano coinvolte e gratificate. Ma non solo: deve motivare, pianificare, organizzare, coordinare e, quando possibile, delegare. Deve saper trasmettere la vision dell’azienda – tutti devono avere chiaro in mente qual è l’obiettivo ultimo che si intende centrare – ed individuare i punti di forza di ogni risorsa, in modo da assegnarle i giusti compiti. E cosa non secondaria, deve tentare di mantenere sempre alto il morale del gruppo, cercando di appianare le conflittualità che fatalmente si innescheranno.
Il bello di fare squadra
Lavorare da soli può dare grandi soddisfazioni, ma le gratificazioni più robuste arriveranno solo se si sceglierà di mettersi in gioco con gli altri. Fare squadra al lavoro significa, infatti, disporre di un “patrimonio” inestimabile fatto di energie, competenze, idee, visioni, proposte e soluzioni differenti. Di più: coordinarsi con gli altri vuol dire concedesi la possibilità di imparare costantemente qualcosa di nuovo e di crescere. Non solo nel lavoro. E non si sottovaluti il piacere che potrà derivare da un successo da condividere con gli altri a cui farà da contraltare la solidarietà e il reciproco soccorso che si attiveranno quando ci si troverà a fare i conti con qualche fallimento. Fare squadra al lavoro può rivelarsi, insomma, salvifico. Ecco perché sempre più aziende si occupano di “team building” e scommettono su tutta una serie di attività – formative e ludiche – tese a costruire un gruppo coeso e motivato. Si va dalle classiche discussioni in azienda, con tanto di filmati da visionare o case history da analizzare, ai giochi di ruolo fino alle proposte più “ardite” che prevedono la possibilità di far vivere un’esperienza difficile ai dipendenti. Una giornata trascorsa a fare rafting o alpinismo può far aprire gli occhi anche ai più riottosi e convincerli che mettersi a disposizione degli altri e collaborare è la gratificazione più grande che ci si possa concedere. Perché, come dice l’autore americano, John Maxwell: “Uno è un numero troppo piccolo per raggiungere la grandezza”.
fonte: biancolavoro